Le frontiere che non oltrepassai...

 

Le frontiere che non oltrepassai
i confini che non mi videro, esule migrante,
sotto i fili spinati.
Le onde che non mi avvolsero
consumandomi, ammuschiandomi a riva.
I cieli sconosciuti, il suono dei violini
più stridulo e triste.
Il canto degli uccelli diverso,
un’altra lingua da imparare a stento.
Gli occhi che non guardano, non vedono
che attraverso
e che chiedono a pretendono
che tu stia lì zitto a sopportare.
E poi un altro mare, altre montagne
ancora.
Fino a quando? Fin dove?
Io non l’ho avuto.

Dal mio impiumato nido frigno e mi lagno.
Sempre la stessa nenia
con le note e parole sempre eguali.
D’essere qui o mendìco non ho scelto.
Mi ribolle ogni volta contro e dentro
la nascosta rabbia, il rasposo rancore
di quelle tante mani
che un modesto e distratto obolo mio
raccolgono per strada.
La gentilezza ipocrita risponde
a una richiesta sfrontata.

Canto d'inverno. Mia ultima stagione